Le carni avicole (pollo, tacchino, faraona, struzzo, ecc.) presentano attualmente, grazie all’evoluzione zootecnica, caratteristiche nutrizionali particolarmente favorevoli rispetto ai tagli di carne bovina, soprattutto per quanto riguarda il minore contenuto in grasso (con l’eccezione dell’oca, dell’anatra e del cappone, che sono grassi) ed un più favorevole rapporto tra acidi grassi insaturi (“buoni”, più abbondanti nella carne avicola) e acidi grassi saturi (“cattivi”, più abbondanti nella carne bovina). Nei gallinacei la parte grassa è concentrata specialmente nella pelle e perciò le loro carni risultano meno grasse e meno caloriche se gli animali sono cotti senza pelle ed al forno. Nelle carni avicole le proteine sono abbondanti (ad esempio circa il 20% nella cosci di pollo, il 24% nel petto di tacchino, il 23% nel petto di pollo) e di buona qualità, per loro contenuto in aminoacidi essenziali.
In queste carni sono, inoltre, presenti in buona quantità vitamine e minerai particolarmente ferro, potassio, zinco e rame. Un altro pregio della carne avicola è quello di essere tenera e ben digeribile. Le carni avicole sono particolarmente indicate nell’alimentazione dei giovani e degli anziani e, per il loro ridotto valore energetico (ad esempio,100 g di petto di poli forniscono circa 100 kcal) sono adatte nei regimi nutrizionali ipocalorici per la prevenzione e la cura dell’obesità.
Al momento il più grave pericolo di infezioni trasmesse dalle carni non proviene più dalla carne bovina (il rischio di malattia da variante dell’encefalopatia spongiforme attualmente irrilevante, grazie alla severa regolamentazione dell’allevamento e della commercializzazione della carne bovina), ma dal pollame domestico, che specialmente nel Sud Est asiatico è sterminato dall’infezione provocata dal ceppo virale H5N1. Gli esseri umani finora colpiti dall’influenza “aviaria” sono, finora, poche decine nonostante l’enorme numero di contatti tra esseri umani e animali infetti e riguardano soggetti i condizioni di gravi carenze igieniche e viventi in grande promiscuità con il pollame. Le vie di penetrazione del virus H5N1 nell’uomo a seguito di contatto con anima infetti (anatre, cigni, oche, gabbiani, cicogne, polli, piccioni, ecc.) sono congiuntivali nasale ed orale. Non è accertato se il virus può trasmettersi tra gli esseri umani. Le autorità assicurano che le carni avicole e le uova italiane sono sicuri, ma è prudente mangiarli ben cotti: la buona cottura garantisce la sterilizzazione anche delle carni infette; è improbabile che le uova crude possano veicolare l’infezione, le uova cotte sicuramente non la trasmettono. Un’altra alternativa alla tradizionale bistecca di bovino è la carne di maiale. La carne suina fornita dall’industria ha, rispetto al tradizionale “maiale del contadino”, spesso alimentato con rifiuti e brodaglie, maggiori garanzie igieniche e grazie alle moderne razionali tecniche industriali di allevamento degli animali ha un minore contenuto e grasso, di colesterolo e di acidi grassi saturi, un più elevato contenuto di acidi grassi poliinsaturi, ed un buon contenuto in proteine (18-22% nel maiale magro). Alcuni salumi a basso contenuto di grasso e ad elevato contenuto di proteine, come migliori prosciutti, la bresaola e lo speck, meritano di essere presenti in quantità ragionevoli (una porzione 1-2 volte alla settimana) nella dieta abituale, specialmente del bambino, dell’anziano, dello sportivo e di chi deve osservare un regime ipocalorico, in quanto hanno un buon contenuto in proteine a fronte di uno scarso contenuto in grassi.
Ad esempio, 50 g di prosciutto crudo forniscono meno colesterolo di una coscia di polli ed anche i più temuti prodotti di salumeria, come lo zampone cotto e la mortadella hanno un contenuto grasso inferiore a quello di molti formaggi. La carne della selvaggina è magra ed ha, rispetto alla carne bovina, un relativamene alto contenuto in proteine ed in acidi grassi poliinsaturi, ma è meno digeribile. La carne di coniglio ha sostanzialmente lo stesso valore nutritivo della carne di manzo e di vitello (la carne di coniglio magro contiene il 22-23% di proteine), con il vantaggio di essere più facilmente digeribile e di contenere meno acidi grassi saturi; è piuttosto magra e contiene molto ferro. La carne di cavallo contiene glicidi, a differenza delle altri carni, e contiene circa la stessa quantità di ferro e di proteine (circa il 20%) delle altre carni, rispetto alle quali ha il vantaggio di essere particolarmente magra.
I pesci (o meglio i prodotti ittici, in cui si comprendono anche i crostacei ed i molluschi) costituiscono una preziosa fonte di proteine di alto valore biologico: i prodotti ittici presentano mediamente, rispetto alla carne degli animali da macello, una percentuale di proteine un pò inferiore (ad esempio, in media, in 100 grammi di carne magra troviamo circa 20 grammi di proteine, che sono contenute in 150 grammi di sogliola, di alici fresche, di trota e di merluzzo), un più elevato contenuto in acidi grassi insaturi,un minore contenuto in ferro ed in colesterolo; il contenuto in fosforo, contrariamente a quanto comunemente si crede, non è particolarmente elevato, ad esempio 200 g di sogliola contengono meno fosforo di una porzione di groviera. I pesci di mare contengono un pò più proteine dei pesci di acqua dolce. In base al contenuto di grasso i prodotti ittici si distinguono in grassi (anguilla, aringa, sgombro, tonno), semigrassi (salmone, triglia, pesce spada, sardina, cefalo, carpa, ecc.), semi-magri (acciuga, dentice, sogliola, spigola, trota, palombo, rombo, luccio, calamaro, seppia, mitili, ostriche, vongole, ecc.) e magri (merluzzo, branzino, nasello, platessa, orata, razza, tinca, cernia, polipo, gamberi di acqua dolce, ecc.). La classificazione dei pesci in base al loro contenuto grasso non può essere troppo rigida:
– Con la cottura vengono perse variabili quantità di grassi, per cui un pesce grasso bollito che abbia perduto un terzo del suo grasso, non può più essere considerato grasso.
– In linea di massima nel pesce di allevamento la percentuale di grasso totale è maggiore ed è minore quella di acidi grassi polinsaturi omega-3.
– II grasso di alcuni pesci (sgombro, aringa e salmone dell’Atlantico, sardina, alice, acciuga, tonno, pesce spada, gamberetto, ecc.) presenta caratteristiche altamente favorevoli in quanto contiene elevate quantità di acidi grassi polinsaturi omega-3, utili per la prevenzione primaria dell’aterosclerosi (soggetti sani) e per la prevenzione secondaria (soggetti che hanno subito un infarto, un ictus ischemico, ecc.).
Un altro pregio del pesce è l’elevata digeribilità (contiene meno tessuto connettivo della carne di manzo, di maiale, di pollo e di vitello), a meno che non sia fritto o cucinato con sughi grassi; sono più digeribili i pesci con minore contenuto di grasso. I punti deboli del pesce sono l’elevata deperibilità (è pericoloso mangiare pesce avariato) e la possibilità che sia inquinato: il metilmercurio ed altri inquinanti ambientali tendono ad accumularsi specialmente in alcuni grossi pesci, quali pesce spada, palombo, tonno, squalo e luccio (pesce azzurro, salmone e pesci medio-piccoli ne contengono meno) pescati in zone inquinate da scarichi idustriali.
Consigli: la carne deve essere presente nella normale alimentazione, in quanto essa è un’importante fonte di sostanze preziose per la salute e per l’accrescimento, quali proteine di elevata qualità (alto contenuto di aminoacidi essenziali), vitamine del gruppo B (la B 12 è presente solamente negli alimenti di origine animale) e minerali, in particolare il ferro biodisponibile (facilmente assorbito a livello intestinale) e lo zinco. La carne non è una fonte indispensabile ed insostituibile di proteine, ma la copertura del fabbisogno proteico con i vegetali, che contengono proteine meno pregiate, ne richiede un’assunzione in elevata quantità ed in opportune associazioni (cereali e legumi). Le attuali tecniche di allevamento del bestiame consentono di disporre, attualmente, di una carne meno grassa e con più elevata percentuale di acidi grassi insaturi, rispetto al passato.
Non bisogna esagerare con il timore di introdurre con le carni agenti infettivi e residui di sostanze impiegate fraudolentemente per aumentare la crescita degli animali, perché la cottura distrugge molti agenti infettivi, perché l’organismo animale metabolizza a degrada molti contaminanti ambientali e farmaci, ed infine perché i controlli sanitari sono molto accurati ed il rispetto delle regole igieniche è ampiamente diffuso negli allevatori e nei macellai. Occorre fare un uso ragionevole della carne bovina, nell’ambito di una alimentazione completa, sana e varia: si raccomanda di variare frequentemente il tipo di carne e di privilegiare il pesce fresco e surgelato di vario tipo e le carni meno grasse, quali quelle di vitellone magro, di cavallo, di coniglio e di maiale magro, il petto di pollo, la fesa di tacchino, il prosciutto crudo magro, la bresaola, lo speck .
Si raccomanda di non associare nello stesso pasto la carne ed il formaggio, specialmente se grasso, per evitare un’eccessiva assunzione di grasso, e di associare invece alla carne della verdura condita con un pò di olio di oliva extravergine. Conservare le carni in frigorifero a 0-5°C in appositi contenitori, e consumarle entro un certo periodo di tempo dall’acquisto, 1-2 giorni per la sogliola, platessa, trota, cernia, dentice, filetti di pesce; 2-3 giorni per il pollame, il pesce spada, il branzino, il cefalo, il merluzzo, il nasello e la carne bovina tritata; 3-5 giorni per la carne bovina e suina intera o in fettine; 2 settimane per il prosciutto cotto, la mortadella ed i wurstel. Nel congelatore domestico la durata della conservazione è di 8-12 mesi per la carne di bue, 6 mesi per la carne di maiale, 6-10 mesi per il pollame, 4-6 mesi per il pesce magro meno per quello grasso. Il pesce fresco è rigido e compatto, l’occhio è brillante, le branche sono di colore rosse vivo, la pelle è lucida. Il pesce fresco va eviscerato, lavato, asciugato, avvolto in contenitore e riposto in frigorifero subito dopo l’acquisto. Non consumare più di una volta alla settimana le carni ed i pesci cotti alla griglia o alla brace o fritti, eliminare le parti carbonizzate.